martedì 26 ottobre 2010

Enel Green Power, ennesima trappola per i risparmiatori? Analizziamone oggettivamente la reale convenienza

                  
A Milano l'Enel tenta di accendere il "semaforo verde". Vediamo come

La quotazione in Borsa di Enel Green Power, la controllata per le energie rinnovabili dell’ex monopolista elettrico, è un’ottima occasione per capire un po’ meglio quali sono davvero le prospettive dell’energia verde. La società che si appresta a chiedere ai risparmiatori tre miliardi di euro per farli partecipare al business delle rinnovabili, presentandolo come promettente, è la stessa che si appresta a investire (insieme alla francese Edf) una ventina di miliardi di euro per quattro centrali nucleari. “Non è possibile pensare di recuperare il gap di competitività che ci separa dal resto d’Europa senza il nucleare”, ha detto l’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti. Ma in questo momento l’Enel deve vendere entrambi i prodotti: quello tradizionale soprattutto sul mercato politico, quello più moderno direttamente sul mercato finanziario.

Proviamo allora a guardare affiancati i due progetti, atomo e rinnovabili, proposti dalla stessa azienda.

Tonnellate di denaro “Verde:

Enel Green Power viene proposta per il collocamento di un terzo delle sue azioni con un biglietto da visita su cui c’è scritto che i suoi impianti valgono 8,5 miliardi di euro e una potenza di 5.600 megawatt (di cui solo 2.600 in Italia). Nei piani ci sono altri 5 miliardi di investimenti per arrivare a 9.200 megawatt nel 2014. Il valore totale degli impianti sarà di 13,5 miliardi, dunque, pari a un milione e mezzo di euro per megawatt di potenza installata. Le quattro centrali Epr che l’Enel costruirà con Edf avranno una potenza di 6.400 megawatt, per un costo di circa tre milioni a megawatt installato: il doppio delle rinnovabili.

C’è però il capitolo decisivo dello sfruttamento degli impianti. Le centrali nucleari per loro natura funzionano a pieno regime, 24 ore su 24. Le energie rinnovabili si producono invece solo quando madre natura lo consente. Vediamo i dati di Enel Green Power.

La parte maggiore degli impianti attuali, in Italia, è quella dell’idroelettrico, che vale da sola il 57% della potenza installata, seguita a ruota dal geotermico che vale il 26%. In totale l’83% di Enel Green Power è rappresentato dalle rinnovabili tradizionali, di origine ottocentesca. Le tecnologie più nuove risultano residuali: c’è un 17% di eolico, mentre il solare è praticamente zero.

Mentre il geotermico va forte (il cosiddetto load factor è dell’84%), l’idrolettrico dipende dalla disponibilità di acqua, mentre l’eolico deve aspettare che tiri vento. Le pale di Enel Green Power girano solo per il 14 per cento del tempo. Complessivamente lo sfruttamento di questi impianti è al 50%. Considerando questo dato, se il nucleare costa il doppio ma rende il doppio, o le rinnovabili costano la metà e producono la metà, il conto è pari. L’intenzione (dichiarata da Conti) di investire i prossimi 5 miliardi in buona parte sull’eolico, cioè la tecnologia meno efficiente, si spiega con il fatto che le pale corrispondono anche all’incentivo pubblico più interessante.

Aggiungiamo pure i “lobbysti” e di mafiosi:

Non è un caso che si è ormai scatenata una corsa forsennata all’investimento nel settore, che vede le maggiori e più attrezzate aziende italiane, come la stessa Enel, competere strenuamente per il mercato con lobbies affaristiche come la cosiddetta P3 di Flavio Carboni o le stesse organizzazioni della malavita organizzata. Nemmeno è un caso che il mercato italiano, che conta per meno del 50% della potenza installata, porti a Enel Green Power due terzi dei profitti.

In un’intervista di alcuni giorni fa al Corriere della Sera, Conti ha giudicato indispensabile il nucleare, ma anche si è detto entusiasta delle rinnovabili: “Costituiscono un progresso per tutti”, ha detto, “la tecnologia progredisce: quel che non è economico oggi lo diventerà domani. A patto che l’innovazione non si fermi. Ma nessuno investe se non ha un ritorno. Di qui gli incentivi, ma anche la loro graduale riduzione mano a mano che le tecnologie migliorano”.

Conti promette dunque ai risparmiatori di farli partecipare al banchetto degli incentivi, che garantiscono buoni affari. Nel 2009 Enel Green Power ha fatturato 2,1 miliardi di euro, con un margine operativo lordo (differenza tra costi e ricavi, in sigla tecnica Ebitda) di 1,33 miliardi: un margine di guadagno del 63% è da leccarsi i baffi. L’Enel nello stesso anno ha avuto un Ebitda del 25%. La promessa di dare come dividendo solo il 30% degli utili significherà distribuire agli azionisti per il 2010 circa 200 milioni di euro, 70 dei quali ai nuovi azionisti che si apprestano ad acquistare un terzo delle azioni per 3 miliardi: “avranno una cedola pari al 2% del loro investimento, un livello non altissimo ma decisamente interessante se paragonato ai Bot attuali” affermano dal quartier generale.

Certo è che, con la promessa dei futuri buoni affari con gli incentivi delle rinnovabili, l’Enel si fa pagare abbastanza le azioni Enel Green Power. I titoli della casa madre valgono in Borsa 7 volte i profitti, quelli della controllata per le rinnovabili vengono vendute a un prezzo che è 15 volte l’utile netto. E se l’azione Enel oggi vale in Borsa 37 miliardi in tutto, poco più del doppio del margine operativo lordo, quella Egp viene proposta ai risparmiatori con una valutazione di 7-8 volte lo stesso margine. A rassicurare i risparmiatori può essere però invocato un pericoloso precedente. Nel 1999 (governo D’Alema): l’Enel fu quotata in Borsa a un prezzo molto alto, e da allora il valore delle azioni si è dimezzato.

Nonostante gli incentivi:

Sarebbe davvero sorprendente che a undici anni da quella che è passata alla storia come una delle più solenni fregature per il “parco buoi” della Borsa, per di più organizzata dallo Stato, il gruppo elettrico, che è ancora controllato dal ministero dell’Economia, tentasse il bis.

Infine, non si può tralasciare un confronto sulle dimensioni del business.
E non solo perché l’Enel vale in Borsa poco più della metà del suo fatturato 2009 (64 miliardi), mentre Enel Green Power viene proposta a cinque volte il fatturato, ma soprattutto perché è proprio la differenza di ricavi (64 miliardi contro 2 miliardi) a mostrare che sulla strada delle rinnovabili, pur lastricata di incentivi statali, la strada da fare è ancora moltissima.
 Carmine C.no (PS Consulting) / CC BY-ND 3.0

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