mercoledì 26 settembre 2012

Il "Capitale reputazionale": valutiamo chi ci valuta? Colpe e responsabilità delle Tre sorelle, dalla crisi ad oggi









Da oltre quattro anni (ma anche prima, a mio avviso) si discute di un'importante questione: il ruolo che le agenzie di rating svolgono sui mercati finanziari. E tanti sono gli interrogativi che ne scaturiscono: Cosa sono, in realtà, queste istituzioni? Quali sono le loro principali funzioni? Perché si sente parlare spesso delle tre sorelle? Quale ruolo hanno esercitato ed esercitano, nella crisi finanziaria, scaturita dal fallimento di Lehman Brothers? Bene, tentiamo di snocciolare, uno ad uno, questi punti di domanda. Intanto, cominciamo dalle loro origini, così da avere un quadro d'insieme. 

Le agenzie di rating hanno avuto uno sviluppo strutturato a partire dagli anni ’70-’80, prima della globalizzazione, ma preparandone la strada. Una considerevole crescita, che ha portato dei cambiamenti radicali nei mercati finanziari.
Infatti, in questi ultimi decenni, è aumentato il ricorso al mercato dei capitali da parte di un numero crescente di investitori/imprese, che hanno messo in atto strategie di investimento sempre più complesse e diversificate. Ciò ha implicato un'esigenza sempre più forte di informare, la comunità finanziaria, sulle opportunità di investimento da parte degli operatori di mercato. Ma che sia chiara una cosa: non si tratta di società di controllo superpartes, ma di agenzie private ed in chiaro conflitto di interessi, sia nei confronti delle società quotate (che sborsano cifre non indifferenti per ricevere il rating) che dei propri azionisti (come fai a dare il voto a una società, oppure ad una banca, che ti possiede?). Inoltre, aspetto niente affatto marginale, operano in regime di oligopolio, che quasi sempre significa cartello.
Non sono punibili per i frequenti errori che commettono ma hanno un potere di influenza spropositato e, nei loro vari board, siedono personaggi che hanno chiare finalità lobbistiche (fra l'altro, il Premier Monti era consigliere di Moody’s).
A mio giudizio le 3 agenzie di rating non sono compatibili con le regole liberali dell’economia di mercato e sono pericolose per la loro capacità di sovvertire gli equilibri di una sovranità nazionale. Ne hanno sia i mezzi finanziari che gli "strumenti di pressione".
E poi, sono dell'avviso che andrebbero considerate quasi fuori legge, e dovrebbero essere fortemente ridimensionate, tenendo conto del loro attuale peso specifico.
Nella mia ricerca, su questo universo della "gestione di informazioni finanziarie", ho scoperto dell'altro, e vorrei condividerlo con la rete.
Mi riferisco ad alcune delle competenze tipiche delle banche. Mi spiego meglio: anche le grandi banche che, al pari delle agenzie di rating, regolarmente provocano sensazione sulla stampa e sbalzi sensibili sui mercati, andrebbero studiate da vicino. In particolare, fra l'altro, ci si dovrebbe focalizzare sulle loro modalità di ricerca: i loro "uffici studi" per intenderci. Ed è a questo punto che ci sono rimasto di merda, giuro. Facendo delle verifiche piuttosto speciali e confidenziali, è emerso un aneddoto un tantino sconcertante; ve ne offro subito un'efficace sintesi.
Per ragioni di budget, spesso, gli incaricati del settore "studi e ricerche", si recano al massimo una volta all’anno a Roma e basano le loro previsioni su: dati statistici, lettura dei giornali (i soliti, naturalmente, a cominciare dal Financial Times ed Economist), report che ricevono dalle altre banche internazionali e naturalmente dalle valutazioni delle agenzie di rating. Mi sono chiesto se fosse solo un'eccezione, operare con queste modalità o, se questa prassi, fosse comune ad altri istituti. Ebbene, ho scavato più a fondo e... bé, diciamo che, con mia somma sorpresa (ma nemmeno tanto, poi. Ormai ne abbiamo viste quasi di tutti i colori) ho avuto la conferma che, la maggior parte di questi "tecnici" opera in questa maniera. Che mazzata!
E già, perchè dopo una scoperta del genere, sarò costretto a recepire sempre con rinnovato sospetto ogni informazione/previsione. Ovvero... Il giudizio sul sistema politico, le prospettive di crescita, l’impatto di leggi e manovre... a questo punto, è troppo spesso il frutto non di un’analisi accurata e originale, ma di giudizi di riporto. Infatti, i comunicati delle grandi banche, nove volte su dieci, esprimono giudizi molto simili. Senza nessun elemento distintivo o soggettivo. Un susseguirsi di acrobatici esercizi sulla grammatica italiana; un'ossessionata ricerca del sinonimo o della parafrasi più adatta, per non far apparire come plagio ciò che altre banche hanno già trasmesso alla comunità finanziaria. Insomma, proprio quel genere di cose che De Filippo chiamava anabilamente mistificazioni.
Ma abbandoniamo, per ora, le grandi banche e concentriamoci sulle agenzie di rating e sulla "lettura" delle loro attività. Naturalmente, cerchèrò di decriptare il "sopra le righe". Dunque, dicevo del loro ruolo...

Il ruolo predominante delle agenzie di rating è proprio quello di fungere da intermediari delle informazioni. Ossia: tra coloro che emettono titoli e gli investitori, sintetizzando, dopo "accurate analisi" (così pare si dica), le informazioni fondamentali sul merito creditizio; attraverso una semplice lettera. Di solito mensilmente o trimestralmente. Tale informativa si propone di collacare, questa o quell'azienda, in una precisa classe di rating, ossia: <>, tanto per usare le stesse parole riferite dai vari C.E.O. delle Tre sorelle. 
Da qui, poi, ai criteri bancari su capitalizzazione e credito, il passo è breve; vediamo come: il protocollo "Basilea 2", permette alle banche di scegliere: la strada del rating esterno, prodotto dalle agenzie di rating; oppure si può optare per il rating interno (IRB), generato attraverso modelli statistici che possono variare da banca a banca (e qui vale il monito emerso dalla ricerca su come vengano svolti gli studi dalle banche), le quali prendono in considerazione sia gli aspetti qualitativi, che quantitativi.
A seguito degli sviluppi che ci sono stati, sui mercati finanziari negli ultimi anni, con il fallimento di società a cui era stato attribuito un giudizio di rating positivo, è incrementato notevolmente il ricorso ai rating interni.
Le ragioni sono numerose, ed in parte ascrivibili alla sfiducia nei confronti dei giudizi forniti dalle agenzie ed alla mancata assunzione, da parte di quest’ultime, delle relative responsabilità, nonché alle speculazioni ed i conflitti d’interesse endogeni al sistema. A tal uopo mi pare opportuno sottolineare che, quando si parla di rating, il riferimento alle “tre sorelle” è immediato. Infatti, le tre agenzie più importanti: Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch, sono ormai entrate nel nostro vocabolario quotidiano. Ma questo, solo a seguito del loro incontestato coinvolgimento nei fallimenti di grandi società come: Lehman, Parmalat, Enron. Non male, vero?
La loro rilevanza è in parte dovuta alla concezione, diffusasi nel corso degli anni pre-crisi, secondo cui: "la qualità del rating dipende anche dalla reputazione e dalla credibilità dell’agenzia che lo ha emesso".
Nel senso che: il mercato, è in grado di recepire questo capitale reputazionale delle agenzie, sulla base delle loro performance storiche. Solo che, ultimamente, la “storia” non si ripete come prima.
La critica rivolta alle agenzie ed alle banche, in queste operazioni, è stata quella di aver attribuito giudizi fin troppo favorevoli a società prossime al fallimento, nonostante ci fossero stati dei segnali critici rivelatori, ma che solo i bravi esperti potevano ben interpretare, ovvero: banche ed agenzie di rating. Segnali espressi dall’andamento negativo del mercato di strumenti derivati particolari, quali: i Credit Default Swap (CDS).
E quindi viene da chiedersi: ma allora dov'erano finite la riconosciuta ed incontestata competenza di banche ed agenzie di rating?
Bé, presto detto: quei prodotti della finanza strutturata (CDS), hanno fatto emergere, in maniera nitida, le profonde debolezze ed inadeguatezze delle metodologie e dei modelli utilizzati dalle agenzie per i titoli prodotti tramite cartolarizzazioni; ma la storia non finisce certo qui. Come se non bastasse, sono state terribilmente lacunose (diciamo così, tanto per usare un eufemismo) le altre funzioni rilevanti, e molto spesso dimenticate, delle agenzie di rating. Ossia: la certificazione, che favorisce la regolamentazione della sorveglianza all’interno dei mercati finanziari; il monitoraggio dell’intero mercato dei titoli.
Infatti, i giudizi fallati espressi dalle tre agenzie, sono stati un elemento cruciale per la vendita delle obbligazioni (autentica spazzatura che avrebbe fatto arrossire anche il più spregiudicato Gekko di Oliver Stone), nate mediante il processo di cartolarizzazione dai mutui subprime e dalle quali è scaturita la bolla speculativa. E su questo, anche Hollywood si sbizzarrita percchio.
Difatti, sull'argomento, suggerisco di guardare molto attentamente due film: "Il denaro non dorme mai-Wall Street 2" del mai domo Oliver Stone, ed "Inside Job", vero e proprio film denuncia sulla crisi post 2008. Guardateli ed assimilateli molto attentamente.

Negli ultimi tempi la situazione, pare, stia cambiando notevolmente. La spinta a questo processo di rinnovamento è partita dall'esigere una regolamentazione internazionale, volta a disciplinare l’attività di questi soggetti, vista la necessità degli investitori di dover far riferimento ad un'affidabile guida sulla probabilità di default degli emittenti.
Il credit rating, dunque, corrisponde alla reale esigenza di una società, sempre più dinamica e globalizzata, di avere a disposizione informazioni complesse fornite, in forma sintetica e facilmente comprensibile, da soggetti esperti.
Possiamo dire che, oggi, il ruolo delle agenzie di rating è divenuto ancor più di fondamentale importanza, nella loro funzione di creare valore mediante la riduzione dei costi prodotti dalle asimmetrie informative. Solo in questo modo specialisti possono prevedere le probabilità di default dei molteplici titoli presenti nei mercati finanziari. Però attenzione ai falsi proclami e non dimentichiamoci di queste fatidiche parole:


<<Non siamo nate per prevedere il futuro. La dinamica della situazione che si analizza, a volte, è talmente piena di opzioni da non poter permettere di fornire un’indicazione certa>>
Questo il laconico e piagnucolante comunicato rilasciato dalle “Tre sorelle”, dopo le pesanti critiche piovute all'indomani del fallimento di Lehman Brothers che, ricordiamolo, nemmeno due mesi prima sventolava la bandiera con una gloriosa "tripla A". Tripla... come le tre sorelle?
Per questo osceno modo di relazionarsi con l'esterno, andrebbero accolti nell’unico modo possibile: ignorandoli e screditandoli, come bisognerebbe fare con le banche citate precedentemente. Ma a questo punto emerge un enorme ostacolo: i governi sono troppo pavidi ed i Media troppo conformisti; il grande inganno prosegue ed a pagarne il prezzo siamo sempre noi, umili mortali sacrificabili.
DOVE SEI MONTI?
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